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Come si fa per diventare titolari di un diritto esclusivo su un marchio? Cioè come si fa divenire “proprietari” di un marchio avente tutela di esclusività dall’ordinamento? E quanto dura la tutela?

La titolarità di tutti i diritti di esclusiva su di un determinato marchio – ciò che può far dire di essere “titolari o proprietari di un marchio” – si acquisisce con la sua registrazione.

La registrazione del marchio italiano si ottiene attraverso una complessa procedura che si svolge all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM).

Il processo di registrazione si avvia mediante deposito di una specifica e complessa domanda che può essere presentata sia all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi sia alle Camere di Commercio.

La domanda di registrazione deve contenere:

– l’indicazione del richiedente;

– l’eventuale rivendicazione di priorità;

– la riproduzione del marchio;

– l’indicazione del genere di prodotti o servizio che vuole contraddistinguere.

La domanda di registrazione può avere ad oggetto un solo marchio ed al momento della presentazione occorre depositare il modello in cui vengono indicati:

– la descrizione dettagliata del marchio;

– l’elenco completo dei prodotti e servizi che contraddistingue con l’indicazione della classe a cui appartengono (si usa la Classificazione di Nizza);

– l’esemplare tipografico del marchio;

– l’attestazione di pagamento delle concessioni governative.

Una volta depositata la domanda, questa viene sottoposta ad un attento esame da parte del UIBM che controlla che il marchio risponda a tutti i requisiti di legge per la sua registrazione.

Poiché tali requisiti sono molteplici, appare prudente ed opportuno che per la registrazione del marchio – ossia per la redazione della domanda e per la corretta esecuzione di tutta la procedura di registrazione – ci si avvalga di un esperto il quale sarà in grado di consigliare per il meglio l’interessato ed evitargli molteplici problemi, sia in fase di registrazione, sia successivamente.

Infatti, in fase di registrazione si può incorrere sia nel respingimento della domanda di registrazione, sia nell’opposizione di terzi alla domanda.

In questo secondo caso si apre un procedimento amministrativo avanti all’UIBM durante il quale vi è uno scambio di atti “difensivi” contenenti osservazioni e corredati da documentazione.

La procedura si conclude con un provvedimento di accoglimento o rigetto dell’opposizione.

Questo per significare che la semplicità della procedura di registrazione è solo apparente e può tratteggiarsi tale solo ad un occhio inesperto. In realtà si tratta di una procedura molto “tecnica” e molto complessa.

Dopo la registrazione il diritto di tutela e di esclusività sul marchio dura per 10 anni e può essere rinnovato ad ogni scadenza.

 

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Quali tipi di marchi si possono registrare?

Secondo l’art. 7 del codice della proprietà industriale “possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa tutti i nuovi segni, in particolare le parole, compresi in nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche, purché siano atti:

  1. a) a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese; e
  2. b) a essere rappresentati nel registro in modo tale da consentire alle autorità competenti e al pubblico di determinare con chiarezza e precisione l’oggetto della protezione conferita al titolare.

Sostanzialmente, dunque, sono registrabili i seguenti tipi di marchi.

Marchio denominativo: è costituito da sole parole. Se il marchio denominativo è complesso, come ad esempio il marchio Coca-Cola, la tutela si deve ritenere estesa a tutti gli elementi distintivi del segno, quindi anche la riproduzione di una sua parte (ad esempio Coca) potrebbe violare i diritti di privativa, soprattutto in caso di marchi forti come quello in esempio. Un esempio di marchio denominativo è “Yahoo”

Marchio figurativo o emblematico: è quello costituito esclusivamente da figure, lettere o numeri. Anche una singola lettera se ha una caratterizzazione grafica particolare che gli doni capacità distintiva (Cass. Civ., Sez. 1, 11.10.2002 n. 14483). Un esempio di marchio figurativo può essere la mela di “Apple” o il numero “46” di Valentino Rossi.

                                                  

 

Marchio misto: risulta dalla combinazione di parole e figure. Un esempio di marchio misto è quello del WWF costituito appunto dalla scritta e dal panda.

 

Marchio di forma: sono detti anche “tridimensionali” e sono i marchi costituiti dalla forma del prodotto o dalla forma della sua confezione. Un esempio di questo tipo è il famoso “Toblerone”, ossia la stecca di cioccolata triangolare sia nella forma del prodotto che in quello della confezione.

 

Qui abbiamo dei limiti, infatti non possono essere registrati come tali i segni costituiti dalla forma imposta dalla natura del prodotto, dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico o dalla forma che dà valore sostanziale al prodotto”. Ad esempio non sono stati ammessi alla tutela della registrazioni bottiglie senza caratterizzazione tale da essere distintiva, sul presupposto che i liquidi devono necessariamente essere contenuti in involucri e sarebbe stato troppo limitativo ed esclusivo tutelare un involucro senza un forte carattere distintivo, come ad esempio la bottiglietta della Coca-Cola.

Marchio di colore: è ammessa la registrazione di marchi consistenti in combinazione di colori o tonalità cromatiche che conferiscano carattere distintivo al prodotto, identificandolo e distinguendolo dagli altri. La capacità distintiva viene acquisita tramite l’uso del marchio quando nel pubblico viene riconosciuta l’associazione tra prodotto e colore, se si tratta di uno specifico colore.

La registrazione di un colore specifico come marchio, è ammessa solo quando non restringe indebitamente la disponibilità di colori per gli altri soggetti che offrono prodotti o servizi dello stesso genere di quello oggetto della domanda di registrazione.

I colori puri, cioè i colori che non hanno variazioni, non possono essere registrati, salvo casi eccezionali, ossia casi in cui, appunto, vi è un forte riconoscimento dal pubblico. Esempi di questo tipo possono essere il colore “verde” Tiffany o il “rosso” Louboutin.

                                                                                

 

Marchio di suono: può costituire oggetto di registrazione come marchio anche un particolare suono. La registrazione avviene mediante rappresentazione del suono come melodia su un pentagramma. Ne sono degli esempio il suono di accensione di un “Mec” o quello di un sistema Windows.

Marchio olfattivo: anche gli aromi e gli odori possono essere oggetto di registrazione.

Marchio Patronimico: è possibile registrare come marchio denominativo un segno costituito da un nome anagrafico. L’effetto della registrazione è quello che neppure la persona che porta quel nome può utilizzare il medesimo in settori merceologici identici o affini. Addirittura in casi analoghi la Corte di Cassazione (sentenza Sez. I, 14 marzo 2014 n. 6021) ha spiegato che “il diritto al nome, se non una vera e propria elisione, trova una sicura compressione nell’ambito dell’attività economica e commerciale, laddove esso sia divenuto oggetto di registrazione, prima, e di notorietà dopo, a opera dello stesso creativo che poi l’abbia ceduto ad altri”.  Secondo l’art. 8 del codice della proprietà industriale e intellettuale, i nomi notori possono essere registrati o usati come marchio solo dall’avente diritto o con il suo consenso o con il consenso dei soggetti indicati dalla norma.

Ritratti di persone: possono essere oggetto di registrazione (come marchio figurativo) i ritratti delle persone, purché se ne abbia la loro autorizzazione o quella degli eredi (coniuge e figli, in loro mancanza ascendenti o discendenti e in mancanza anche di questi dei parenti entro il quarto grado incluso).

 

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Cos’è il marchio?

Il mercato oggi è sempre più complesso e in un mare magnum di prodotto e servizi è indispensabile distinguersi.

Prima di ogni cosa, dunque, è importante conoscere gli strumenti per distinguersi nel mercato.

Il marchio, dunque, è innanzitutto uno strumento per distinguersi sul mercato.

Per capire esattamente cos’è il marchio e perché esistono norme – anche molto complesse – che regolano la materia, occorre sapere che per il nostro ordinamento è importante che la concorrenza fra gli operatori di mercato si svolga correttamente.

Per questo motivo il consumatore deve poter distinguere un’azienda dall’altra, un prodotto o un servizio dagli altri, anche per attribuirgli meriti o demeriti.

Per distinguere tra loro gli operatori del mercato esistono nell’ordinamento i segni distintivi.

Il marchio è il segno distintivo dei prodotti e/o dei servizi di un’azienda.

E’ ciò che permette di rendere riconoscibili nel mercato i prodotti e i servizi dell’impresa.

Con il proprio marchio l’imprenditore si fa conoscere e “valutare” dal consumatore in un sistema concorrenziale.

 

Quali sono le funzioni del marchio?

Il marchio ha essenzialmente tre funzioni: distintiva, attrattiva e di indicazione della provenienza.

Funzione distintiva: è la più importante e consiste nella capacità di distinguere un prodotto o un servizio dagli altri. Ciò giustifica il monopoli, ossia i diritti di esclusività che con la registrazione si acquisiscono sul marchio, ma di questo ne riparleremo.

E’ talmente importante questa funzione che quando un segno è privo di distintività non può essere registrato come marchio.

Funzione attrattiva (o pubblicitaria): mira a fare del marchio una sorta di qualità del prodotto, verso il quale convogliare, attraverso la pubblicità o altri mezzi, le attenzioni del pubblico.

Un tempo la funzione attrattiva era riservata ai soli marchi celebri. Oggi la questione appare superata anche se i marchi celebri godono di una tutela “ultramerceologica”.

Ad esempio il marchio “Armani” non può essere utilizzato dai terzi neppure per individuare prodotti diversi da quelli dal celebre marchio di moda.

Funzione di indicazione della provenienza: al marchio si attribuisce anche la funzione di indicare la provenienza del prodotto legandolo all’imprenditore che ne è titolare.

Anche se oggi la funzione è molto ridimensionata essendo ammesse deroghe al principio, come ad esempio la possibilità di cedere il marchio separatamente dall’azienda. Inoltre, attraverso la “licenza d’uso non esclusiva” più aziende possono utilizzare lo stesso marchio.

 

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