Montare una “dash cam” su un veicolo consente di registrare per fini personali quanto succede sulla strada sia per esigenze di sicurezza sia per tutelarsi; infatti, disporre di un video di quanto accaduto consente una ricostruzione fedele della realtà, dunque una protezione personale sia sul piano civile (per eventuali richieste di risarcimento danni), che su quello penale (lesioni personali stradali, omicidio stradale) ma anche amministrativo (sanzioni amministrative pecuniarie ed accessorie). Inoltre, può essere d’aiuto come testimonianza anche ad eventuali terzi nel caso in cui vengano filmati eventuali incidenti.

Tuttavia, non è chiaro se questo interesse possa prevalere sul diritto alla privacy e al trattamento dei dati personali.

Per tentare di dare una prima risposta al quesito, occorre innanzitutto analizzare l’art. 6 del Regolamento UE 2016/579 che così recita:

“Liceità del trattamento.

  1. Il trattamento è lecito solo se e nella misura in cui ricorre almeno una delle seguenti condizioni:
  2. a) l’interessato ha espresso il consenso al trattamento dei propri dati personali per una o più specifiche finalità;
  3. b) il trattamento è necessario all’esecuzione di un contratto di cui l’interessato è parte o all’esecuzione di misure precontrattuali adottate su richiesta dello stesso;
  4. c) il trattamento è necessario per adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il titolare del trattamento;
  5. d) il trattamento è necessario per la salvaguardia degli interessi vitali dell’interessato o di un’altra persona fisica;
  6. e) il trattamento è necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento;
  7. f) il trattamento è necessario per il perseguimento del legittimo interesse del titolare del trattamento o di terzi, a condizione che non prevalgano gli interessi o i diritti e le libertà fondamentali dell’interessato che richiedono la protezione dei dati personali, in particolare se l’interessato è un minore.”.

Con tale disposizione di legge si stabiliscono le condizioni per cui un dato trattamento possa essere considerato lecito.

La lettera f) è riconducibile caso in esame, in quanto la finalità delle videoriprese è rivolta al perseguimento di un legittimo interesse del titolare del trattamento, ossia alla difesa in eventuali giudizi conseguenti a sinistri stradali ad esempio.

Dunque, possiamo comprendere fin da subito come il nostro ordinamento consenta questo tipo di trattamento, tuttavia occorre certamente adottare i dovuti accorgimenti in modo da non ledere interessi o diritti e libertà fondamentali di chi viene ripreso.

Quali potrebbero essere, quindi, questi accorgimenti?

Proviamo ad enunciarne alcuni qui di seguito:

  • i dati registrati dalla “dash cam”, utilizzata per riprendere quanto accade nelle vicinanze del veicolo durante la circolazione sulle strade, non devono essere comunicati sistematicamente ovvero diffusi a terzi;

 

  • i dati devono essere utilizzati da una persona fisica per l’esercizio di attività a carattere esclusivamente personale;

 

  • devono essere adottate cautele a tutela dei terzi (responsabilità civile e sicurezza dei dati), affinché i dati non vengano sottratti illecitamente;

 

  • il campo visivo di ripresa deve essere limitato al solo spazio necessario alle finalità prefissate (protezione e tutela personale in caso di incidenti od altri eventi significativi durante la circolazione stradale);

 

  • i dati devono essere sistematicamente cancellati nel momento in cui non conseguono più il fine per il quale sono stati raccolti;

 

  • è bene dare informazione delle videoriprese, ad esempio, affiggendo un cartello sul vetro, attestante la presenza della “dash cam” e le finalità per la quale si raccolgono i dati. Inoltre, è bene fornire un recapito qualora i soggetti filmati siano interessati alla immediata cancellazione di questi;

 

Una seconda questione, invece, riguarda il valore probatorio di tali filmati nel processo civile.

La norma di riferimento è l’art. 2712 c.c. “Riproduzioni meccaniche” che recita quanto segue:

“Le riproduzioni fotografiche informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime”.

Ne deriva che i filmati avranno efficacia di piena prova solamente se non verranno contestati da parte avversa.

Secondo la Suprema Corte, tale disconoscimento, che fa perdere alle stesse la loro qualità di prova, pur non essendo soggetto ai limiti e alle modalità di cui all’art. 214 c.p.c., deve, tuttavia, essere chiaro, circostanziato ed esplicito (“dovendo concretizzarsi nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta” Cassazione civile, sez. lav., 21/09/2016, n. 18507).

Dunque, i video possono fungere da prova se non sono contestati dalle parti, ma la contestazione non può essere meramente generica, al contrario, deve basarsi su fatti convincenti.

Inoltre, ex art. 2729, trattandosi di presunzioni non stabilite dalla legge, sarà il giudice, caso per caso e secondo il suo prudente apprezzamento, a valutare se queste prove possono essere applicate.

In conclusione:

dall’analisi e valutazione della normativa relativa al trattamento dei dati personali sembrerebbe possibile affermare che l’utilizzo di una “dash cam” (Telecamera Difesa Automobilista) da parte di persone fisiche, per l’esercizio di attività a carattere esclusivamente personale, è consentito durante la circolazione sulle strade, sia perché non viene escluso esplicitamente dal campo di applicazione del Codice Privacy e del Regolamento (UE) 2016/679 sia perché, in particolare ex art. 6, la raccolta dei dati persegue un interesse legittimo, il cui raggiungimento, con le suddette cautele, pare non determinare una violazione della privacy.

Inoltre, tali filmati potranno essere utilizzati nel processo con valore di piena prova purché la parte contro la quale viene prodotta non se ne disconosca la conformità in modo chiaro, circostanziato ed esplicito.

 

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