Hai avuto degli insoluti nei pagamenti. Hai fatto tutto quello che potevi per tentare recuperare il credito ma le tue azioni, per una ragione o per un’altra, non hanno avuto esito positivo.

Oppure ti trovi nella situazione in cui il credito è talmente piccolo che non vale la pena intraprendere azioni per recuperarlo, anche perché magari quelle azioni si prefigurano superflue fin da subito per svariati motivi (debitore insolvente senza alcun patrimonio ecc..).

Ecco, in questi ed in altri casi potresti beneficiare dei vantaggi fiscali di porre a perdita nel bilancio d’esercizio della tua impresa i crediti insoluti.

Con questa operazione otterrai una riduzione del carico fiscale e, quindi, di fatto un recupero di quei crediti, almeno parziale! Giusto?

Se ti trovi in una di queste situazioni, ai fini di ridurre il carico fiscale, nella redazione del bilancio di esercizio è di fondamentale importanza dedurre le perdite su crediti, facendo in modo che esse non gravino ulteriormente sulla tua azienda anche sotto il profilo della tassazione.

Vediamo quali sono le regole fiscali che disciplinano la deduzione delle perdite su crediti.

Affinché tu possa dedurre le perdite sui crediti devono sussistere i criteri individuati dall’art. 101 co. 5 del Testo unico delle imposte sui redditi (cd. TUIR). Ai sensi della citata norma sono deducibili le perdite su crediti se:

risultano da elementi certi e precisi: il generico riferimento a tali elementi implica la necessità di ricorrere ad una valutazione caso per caso che dimostri la definitività della perdita e tenga conto del contesto specifico. Per verificare se siamo in presenza di elementi certi e precisi, come elementi probatori possiamo avere la fuga o la latitanza del debitore; l’esito negativo del pignoramento; l’infruttuosa azione legale esperita; la documentazione che certifichi la mancanza di beni immobili e mobili del debitore;

in ogni caso se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali o ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti o ha concluso un piano attestato di risanamento o è assoggettato a procedure estere equivalenti;

in ogni caso se il credito è di modesta entità ed è scaduto da più di sei mesi: il credito si considera di modesta entità quando ammonta ad un importo non superiore a 5.000 euro iva compresa per le imprese di più rilevante dimensione (con ricavi sopra i 100 milioni di euro) e non superiore a 2.500 euro iva compresa per le altre imprese (quindi con ricavi al di sotto dei 100 milioni di euro);

quando il diritto alla riscossione del credito è prescritto: salvo i casi in cui la legge dispone diversamente, i crediti si estinguono con il decorso di dieci anni, a meno che in questo periodo non siano intervenuti atti interruttivi della prescrizione ai sensi dell’art. 2943 del codice civile;

in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in applicazione dei principi contabili. Queste ipotesi sono: prescrizione del diritto alla riscossione del credito indipendentemente dall’importo; cessione pro-soluto del credito che libera il cedente da ogni obbligo di pagare; transazione col debitore che comporta la riduzione definitiva del debito; atto di rinuncia unilaterale del credito.

 

Definitività della perdita.

La Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 26/E del 2013 ha specificato che la perdita deve essere definitiva e tale definitività è rinvenibile solo quando si può escludere l’eventualità che in futuro il creditore riesca a realizzare, in tutto o in parte, la partita creditoria. Diversamente, nel caso in cui sia possibile ritenere che l’inesigibilità del credito rappresenti una condizione solo temporanea, non sussistono i requisiti di definitività della perdita e questa rientra nella categoria delle perdite “potenziali”.

 

Antieconomicità della procedura di recupero.

La stessa Circolare, poi, ha riconosciuto che è condizione sufficiente per la deducibilità della perdita l’antieconomicità delle azioni di recupero, a patto che il contribuente abbia almeno fatto un tentativo per ottenere quanto gli spetta di diritto.

 

Periodo d’imposta in cui è possibile dedurre la perdita su crediti

Inoltre, l’Agenzia ha fornito importanti precisazioni riguardanti l’individuazione del periodo di imposta in cui è possibile dedurre dal reddito la perdita su crediti che deriva da procedure concorsuali: in caso di procedure concorsuali il legislatore considera integrati i requisiti di deducibilità -dalla data- della sentenza o del provvedimento di ammissione alla specifica procedura o del decreto di omologa dell’accordo di ristrutturazione. Al riguardo, pertanto, si ritiene che, una volta aperta la procedura, l’individuazione dell’anno in cui dedurre la perdita su crediti deve avvenire secondo le ordinarie regole di competenza”.

Principio generale è quello per cui la perdita deve essere dedotta nell’esercizio in cui si sono manifestati gli elementi certi e precisi riguardanti l’irrecuperabilità dei crediti. Infatti, se viene iscritta in bilancio nell’esercizio precedente essa diventa non deducibile. Così come se non viene imputata a conto economico nell’esercizio medesimo, questa diventa irrecuperabile.

 

Eccezioni

Tuttavia, a tale principio vi sono delle eccezioni.

Il Decreto legislativo 147/2015, cd. decreto Internazionalizzazione, ha introdotto delle modifiche atte a fare chiarezza sulla disciplina delle perdite su crediti. In particolare il decreto è intervenuto modificando l’articolo 101 del Testo unico delle imposte sui redditi, a cui ha aggiunto il comma 5 bis, nel quale si stabilisce che la deduzione della perdita su crediti è ammessa nel periodo di imputazione di bilancio, anche se tale imputazione avvenga in un periodo di imposta successivo a quello in cui sussistono gli elementi certi e precisi richiamati dal comma 5 o quello in cui il debitore è assoggettato a procedura concorsuale o assimilati. A patto che l’imputazione non avvenga in un periodo di imposta successivo a quello in cui si sarebbe dovuto procedere alla cancellazione dal bilancio.

È possibile, inoltre, dedurre la perdita su crediti quando questi siano divenuti irrecuperabili in modo definitivo, come quando la diffida non ha dato i risultati sperati oppure se i tentativi esperiti dall’avvocato per recuperare il credito sono risultati vani.

Se dunque ti trovi in una dei queste situazioni puoi dedurre le perdite su crediti ed avere vantaggi fiscali.

È molto importante, tuttavia, effettuare almeno un tentativo di recupero, più o meno pregnante, a seconda della situazione, per questo è consigliabile affidare la gestione dei crediti insoluti a chi è veramente esperto in questa materia.

 

Art 101 TUIR

Circolare n. 26 del 1° agosto 2013

Decreto internazionalizzazione

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